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Autotrapianto nella donna

Anche la donna può essere sottoposta al trapianto di capelli, le percentuali d’intervento variano dal 1% al 3% rispetto al sesso maschile, secondo la nostra esperienza in questo caso deve essere ben valutata l’area donatrice che deve risultare con sufficiente densità e con capelli con diametro adeguato.

Nei diradamenti molto importanti e diffusi è fondamentale da prima stabilizzare l’evoluzione della caduta con una terapia medica, e poi mantenere il risultato raggiunto.

Una meticolosa raccolta delle informazioni anamnestiche e degli aspetti clinici deve essere combinata ad un altrettanto attenta valutazione degli aspetti psicologici della paziente donna ai fini del raggiungimento della migliore soluzione terapeutica.

Grazie all’incredibile evoluzione qualitativa dell’autotrapianto con conseguente naturalezza del risultato, e grazie ad un più facile e veloce accesso all‘informazione, molte più donne scelgono la chirurgia come soluzione al loro problema.

Nel caso in cui il trapianto sia indicato a nostro avviso e sconsigliabile il prelievo dalle aree laterali e temporali perché nella donna è possibile un loro futuro diradamento che lascerebbe visibile la cicatrice postoperatoria.

Tuttavia è bene ricordare che le donne sottoposte ad autotrapianto in età giovanile potrebbero, a differenza dell’uomo, andare incontro a una perdita di capelli nel periodo perimenopausale e postmenopausale e che pertanto dovranno essere prese in considerazione future sessioni di autotrapianto. Secondo il nostro parere è di notevole importanza non alimentare false aspettative che possono sfociare in delusioni. In mancanza dei requisiti dell‘area donatrice per il trapianto si dovrà dirottare la paziente verso il camouflage o altre tecniche come l‘infoltimento estetico.

Questa mancata predisposizione alla risoluzione chirurgica nella donna dipende sostanzialmente dal fatto che la quasi totalità presenta una calvizie con diradamento uniforme e diffuso, dove anche le tipiche zone donatrici, utilizzate nel sesso maschile sono invece sfoltite in quello femminile. Le donne, oltretutto, non manifestano, quasi mai, zone così profondamente diradate, dove poter inserire, con “evidente risultato estetico” i bulbi prelevati; queste aree risultano pur sempre provviste di un certo numero di capelli, magari molto assottigliati, ma comunque presenti. Per ovviare a tale situazione, che spesso genera un comprensibile senso di frustrazione nelle donne, è stata messa a punto da alcuni laboratori artigiani una tecnica denominata “infoltimento non chirurgico”.

Questa risoluzione del problema estetico prevede l’integrazione dei capelli del soggetto stesso, con altri, di tipo naturale ma non propri, e consiste in una “tessitura” a maglie larghe (tale da permettere la fuoriuscita dei propri capelli verso l’esterno) alla quale sono fissati i “nuovi” capelli per mezzo di nodi individuali. Questa impalpabile rete viene adagiata sul cuoio capelluto, al quale è resa solidale, mediante alcune microtreccine da realizzare tra i propri capelli e quelli nuovi.

Anche se, a nostro parere, questa tecnica non dà dei buoni risultati estetici e non ha nessun carattere terapeutico, può in casi selezionati migliorare, la qualità di vita delle pazienti con grave diradamento, poiché la donna sempre più spesso vive la calvizie come grave handicap, non solo per i suoi risvolti estetici ma soprattutto per il danno di immagine che questa comporta e che si ripercuote, a volte con forme estreme, nella sua vita affettiva, sociale e lavorativa.

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